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Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

25 novembre, una data simbolo per riflettere

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Il 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, non è una data a caso. E' il ricordo di un brutale assassinio, avvenuto nel 1960 nella Repubblica Dominicana, ai tempi del dittatore Trujillo. Tre sorelle, di cognome Mirabal, considerate rivoluzionarie, furono torturate, massacrate, strangolate. Buttando i loro corpi in un burrone venne simulato un incidente.

La parola "femminicidio", coniata per descrive l'uccisione di una donna in quanto donna, è entrata per la prima volta nella lingua italiana nel 2001, ma ha cominciato ad avere una certa diffusione solo a partire dal 2008, fino a diventare di dominio pubblico negli ultimi tempi. In questo video per Treccani la linguista Valeria Della Valle, docente alla Sapienza di Roma, spiega le origini e il significato della parola femminicidio.

La violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso. In Italia è stato istituito il numero governativo 1522, contro la violenza di genere.
Secondo i dati Istat di giugno 2015, in Italia, 6,788 milioni di donne hanno subito una qualche forma di violenza, fisica o sessuale, nel corso della loro vita. Il 31,5% del totale e la loro età oscilla tra i 16 ed i 70 anni. Secondo l’indagine, delle donne maltrattate, il 20,2 per cento ha subìto violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento (un milione e 157mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652mila) e il tentato stupro (746mila).
Il dato che emerge dall’indagine è in linea con quelli europei (Agenzia europea per i diritti umani: 33% la media delle donne che subiscono violenza in Europa) e internazionali (Organizzazione mondiale della sanità: una donna su tre nel mondo). I dati dell'Onu rivelano che il 35% delle donne nel mondo ha subito una violenza fisica o sessuale ed i due terzi delle vittime degli omicidi in ambito familiare sono donne. Dalla ricerca Onu arriva anche la conferma che prosegue la discriminazione in ambito lavorativo dove i tassi di disoccupazione rimangono piu' elevati per le lavoratrici che hanno uno stipendio che va dal 70% al 90% di quello dei colleghi maschi.

La crescita delle violenze è capillare in tutta Italia, senza distinzione tra nord e sud, con l’unica differenza che al centro-nord ci sono più organizzazioni di aiuto rispetto al sud, dove è vive ancora la cultura della ritrosia ad ammettere che si subisce violenza. Secondo quanto emerge nel dossier “Rosa Shocking 2″ condotta dall’associazione We World Onlus insieme a Ipsos Italia. per un under 30 su tre gli episodi di violenza domestica vanno affrontati dentro le mura di casa. Quasi il 40% delle donne picchiate dal marito o dal compagno non parla di quanto accade dentro le mura domestiche. I casi di violenza assistita registrati sono il 64%, quattro punti in più rispetto alle rilevazioni precedenti.

Un’evidenza che emerge fortemente anche dalle testimonianze di alcune esperte raccolte da Repubblica in occasione della pubblicazione della ricerca dell'Istituto nazionale di statistica. Tra cui Simona Lanzoni, vice presidente di Fondazione Pangea Onlus e componente del Group of experts on action against violence against women and domestic violence che paragona questo fenomeno ad una guerra civile a bassa intensità permanente ma “visto che non servono F35 e kalashnikov per contrastarla, sembra meno interessante”.

Nel rapporto Istat emergono segnali di miglioramento: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all’11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006. Un calo dovuto soprattutto a una maggiore consapevolezza delle donne, che riescono con maggiore frequenza a prevenire situazioni di pericolo e a uscire da relazioni a rischio. Come spiega Mariangela Zanni del centro Veneto progetti donna-Auser “Sempre più vittime considerano la violenza subita un reato (dal 14,3 per cento al 29,6 per cento) e meno come qualcosa che è solo accaduto (in calo dal 35,2 al 20). Questo dato rappresenta un grande passo in avanti, perché la consapevolezza che la violenza sulle donne non sia un fatto normale implica che esso sia un problema che riguarda tutti, dalle istituzioni al privato cittadino”.

L'indagine dice che le violenze più cruente avvengono per cause di natura passionale, legate al possesso ed alla reazione violenta di partner, presenti e passati, che si ribellano alla decisione della donna di voler interrompere un legame. Per il 25% (un giovane su 4) la violenza sulle donne è giustificata dal troppo amore oppure al livello di esasperazione al quale gli uomini sarebbero condotti da determinati atteggiamenti delle donne (Rosa Shocking 2). Ma, oltre a quella fisica e sessuale diretta o assistita, esistono numerose forme di violenza, spesso sottostimate, come quella psicologica ed economica evidenziate anche dall’associazione UN-WOMEN in questa infografica.


Per combattere il fenomeno sul campo fondamentali sono i Centri Antiviolenza. Come racconta il Presidente di “Telefono Rosa” Gabriella Moscatelli a Panorama “Solo nel 2015, dal 1 gennaio al 3 ottobre, 1100 donne tra i 18 e i 75 anni, si sono rivolte al Telefono Rosa , il servizio a disposizione di tutte coloro che voglio rompere la catena del silenzio. La paura di denunciare agli organi competenti dell’autorità giudiziaria non ferma le donne a rivolgersi a noi: parlano, anche perché sanno anche di essere assistite psicologicamente e legalmente”. “Un punto di partenza da parte dello Stato per cercare di arginare questo problema", aggiunge Moscatelli, "potrebbe essere quello di educare al rispetto per la persona introducendo già dalla scuola primaria la giusta conoscenza sulla prevenzione alla violenza”.

Nel mondo solo 119 Paesi hanno approvato leggi sulla violenza domestica e 125 sul 'sexual harrassment' (le molestie a sfondo sessuale). In Italia non mancano le leggi, serve una rivoluzione culturale per modificare le relazioni affettive e di potere tra gli uomini e le donne, affinché siano basate sul rispetto e non sulla prevaricazione e le discriminazioni di un genere su un altro.
Tema su cui da anni sta lavorando la nostra Fondazione con la campagna Punto su di te.

Ecco una maratona di video realizzati da enti ed associazioni impegnate a lottare contro queste brutali pratiche, selezionati da Repubblica dalla mediateca online di Pubblicità Progresso: "Da questa breve raccolta, che racchiude il meglio della comunicazione sociale mondiale sul tema della violenza alle donne, è possibile capire come sia importante far riflettere ancora, e con insistenza, sui motivi per cui la donna oggi è ancora considerata inferiore, al punto di poter essere impunemente picchiata o violentata nei suoi basilari diritti di essere umano”, commenta Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso.

Non solo il mondo della pubblicità ma anche quello della tecnologia si sono mossi per salvaguardare le donne.
Come riporta il Fatto Quotidiano, sono sempre più numerose le App che aiutano le donne vittime di violenza: Shaw (Soroptimist Help Application Women) connette l’utente al 112 per richiedere aiuto in situazioni di emergenza e fornisce anche informazioni legali su violenza e stalking mettendo in contatto la vittima con il centro antiviolenza più vicino. A Milano, la Asl e l’associazione Telefono Donna hanno lanciato l’applicazione gratuita “Stop Stalking” in cinque lingue diverse che permette di memorizzare su un diario episodi preoccupanti, dagli appostamenti alle percosse per poi inviare le informazioni allo sportello stalking di Telefono Donna, aperto 24 ore su 24. Si chiama, invece, “Save the Woman” un’altra applicazione studiata per prevenire gli abusi, lanciata dalla società Smartland e dalla criminologa Roberta Bruzzone. Attraverso un test si stabilisce il livello del rischio di violenza da parte del proprio partner, superato il quale la App consiglia di rivolgersi a un centro antiviolenza.

Il giorno riporta gli appuntamenti in Lombardia.

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